23 06 2023

L’apicoltura urbana

“È il febbraio 2021, siamo in piena ondata covid, seconda o terza non ricordo con precisione. C’è un corso di impollinazione urbana. Allevare api in città sembra un ossimoro, fa per me, mi iscrivo. Le prime lezioni teoriche sono online. Ascolto, prendo appunti, si apre un mondo complicato e affascinante. La terza lezione è finalmente in presenza a SanfereOrto, incontro le persone, il mondo si spalanca. È il preludio al primo contatto con le api. L’appuntamento è a Lavagna di Comazzo in una giornata calda di aprile dove arrivo in ritardo, goffo come un uccello che prova a spiccare il primo volo mi infilo la tuta protettiva per la prima volta. Nemmeno il tempo di raggiungere il gruppo che da un’arnia escono migliaia di api in un flusso vorticoso. Il ronzio riempie l’aria intorno a noi e ricorda il brusio della folla in un luogo vivace. Assistiamo rapiti alla sciamatura. È così che si riproduce il superorganismo alveare. È nata una nuova famiglia di api proprio davanti a noi corsisti.

 

 

 

 

 

 

Il battesimo di fuoco avviene qualche giorno più tardi, a SanfereOrto dove veniamo divisi in gruppi, insieme a me ci sono Mirko, Roberto, poco dopo si aggiungerà Eleonora. A ciascun gruppo viene assegnata un arnia top bar, col tempo le arnie diventeranno due. Con eccitazione e un pizzico di incertezza inseriamo nell’arnia il pacco d’api con una regina che le operaie devono imparare a conoscere ed accettare. Stiamo facendo nascere una nuova famiglia in modo artificiale. Negli incontri che seguono, a cadenza settimanale, sotto la guida di Enrico Castelvecchio de Il Pellicano iniziamo a prendere confidenza con le procedure di base, come l’ispezione dei favi, la verifica della presenza della regina, la valutazione della covata e delle scorte di cibo.

 Man mano che l’esperienza avanza ci rendiamo conto della complessità e dell’importanza delle api nell’ecosistema, iniziamo a osservare l’andamento delle principali fioriture, come acacia e tiglio. Diventiamo presto consapevoli che l’apicoltura con arnie top bar è orientata alla conservazione delle api per favorire la biodiversità e l’estrazione del miele è un’eccezione da accogliere come un dono raro, non un obiettivo.

 

 

 

 

 

Apicoltore al tramonto

 

 

 

 

L’attività di apicoltura nasce dal progetto ImpollinAzione Urbana realizzato con il Il Pellicano, il Movimento per la Lotta contro la Fame nel Mondo Odv e l’Università degli Studi di Milano – Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali (DIVAS) a Lodi e a Lavagna di Comazzo e viene replicato sui territori grazie ai progetti SanfereOrto. Semi di natura e Comunità e ImpollinaLO. Api e comunità a Castelgerundo. Tutto questo è portato avanti in sinergia con la Provincia di Lodi, attuatrice di una strategia (impollina_LO) come strumento per costruire una visione di valorizzazione ambientale, tutela e incentivazione della biodiversità.

 

Oggi in provincia di Lodi nei comuni di Lodi, Bargano, Boffalora d’Adda, Casaletto lodigiano, Castelgerundo, Graffignana, Lavagna, Lodivecchio, Pieve Fissiraga e Villanova del Sillaro sono attive 27 arnie curate da circa 80 cittadini.

 

 

 

Gli apiari sono pensati come bene comune e, quindi, gestiti in maniera collettiva, ciascuno da un gruppo di cittadini. In genere collocati su terreno pubblico, alcuni di questi si trovano, invece, all’interno di comunità terapeuriche e prevedono il coinvolgimento nella loro cura non solo dei cittadini attivi ma anche di educatori e ospiti della struttura.

Se vuoi conoscere i progetti legati alle api, puoi visitare la pagina dedicata: https://www.sanfereorto.it/